Psicologia nell’iter del trapianto

Il Centro Regionale Trapianti Abruzzo Molise della ASL 1 Avezzano Sulmona L’Aquila ha attivato il Servizio di Psicologia specifico per l’accoglienza, ascolto e gestione dei pazienti nell’iter del trapianto renale ovvero dalla fase di immisione in lista al momento del trapianto e al follow up, attraverso la presenza costante e continuativa di un Dirigente Psicologo.

Come la letteratura descrive, il trapianto è un'efficace terapia per le malattie da insufficienza renale cronica e può fornire una durata ed una qualità di vita che nessun altro trattamento è in grado di garantire poiché libera il paziente dalla dialisi e consente una significativa ripresa nel tempo della propria esistenza.

Non è facile stabilire quanto possa essere lungo il percorso che porta al trapianto poiché, affinchè questo possa avvenire, deve esserci una donazione da vivente o da cadavere, donazione che porta a due tipi di trapianto diversi da un punto di vista organizzativo e gestionale e naturalmente per le implicazioni psicologiche connesse. Purtroppo a tutt'oggi, lo squilibrio tra il numero di persone in lista di attesa e gli organi disponibili, è ancora troppo elevato e questo non garantisce che i pazienti possano ricevere un trapianto in tempi stretti.

Cosa fa lo psicologo nell’iter del trapianto?

Le competenze di uno psicologo all’interno della rete trapiantologica sono traversali poiché sviluppa la propria competenza in vari settori che vanno dalla clinica, alla ricerca, al creare percorsi di supporto terapeutico, alla realizzazione di programmi di sensibilizzazione.

Da un punto di vista clinico, lo psicologo si occupa delle valutazioni dei pazienti nei tre step specifici dell’iter del trapianto ovvero:

  1. Lista d’attesa: l'inserimento nella lista di attesa evoca ansietà, dubbi, ambivalenza, timori, aspettative, frustrazioni, che in taluni pazienti se associate ad un alto livello di sofferenza psicologica, possono avere conseguenze tali da portare ad una difficoltà di elaborazione del cambiamento annesso con il trapianto che può limitare la comprensione psicologica dell’intervento stesso e del post. Un'attenta valutazione cognitiva, emotiva e relazionale consente di programmare con la dovuta razionalità un percorso psicologico che tenga conto delle esigenze, delle risorse e dei limiti propri di ciascun paziente; inoltre fa emergere per tempo, situazioni particolarmente problematiche che possono compromettere l'esito della terapia. E' stato accertato che esiste una correlazione significativa tra i livelli di ansietà, di depressione, del livello intellettivo e delle condizioni socio-economiche preesistenti al trapianto e gli episodi di rigetto; pertanto, la valutazione e la preparazione psicologica del paziente sono un presupposto importante e un valido aiuto per ottenere una buona compliance, un efficace adattamento e una soddisfacente qualità di vita.
  2. Trapianto: in questa fase si lavora a stretto contatto con l’èquipe chirurgica poiché ognuna delle fasi del trapianto ha caratteristiche proprie e presenta problematiche psicologiche specifiche che devono essere riconosciute ed affrontate per favorire una buona compliance ed un buon adattamento.
  3. Post trapianto e Follow up: (in collaborazione con l’èquipe chirurgica della UOC Chirurgia Generale e dei Trapianti d’Organo): la fase acuta del trapianto, dell'immediato post-trapianto si caratterizza per i vissuti specifici che il paziente sperimenta; vive un momento di profondo cambiamento visto che deve iniziare ad elaborare che sta iniziando una nuova fase della vita diversa dalla precedente per abitudini e routine; inoltre, egli deve integrare l'organo trapiantato nell'immagine di sé e in un corpo che, nonostante fosse malato, era sentito come unico e proprio. Questa elaborazione, che nella maggior parte dei casi si sviluppa in maniera autonoma, passa attraverso vissuti quali la gioia, la gratitudine e la riconoscenza; talvolta i sensi di colpa e le reazioni emotive prevalenti sono l'ansietà e un calo del tono dell'umore. In taluni pazienti, la deprivazione affettiva, sensoriale, il timore di non farcela, la solitudine ed i sentimenti di impotenza che si sviluppano possono mantenere una condizione psicologica di grave regressione; tale condizione però può essere meglio affrontata se gli operatori sanitari possiedono la capacità di gestire il rapporto col paziente e di fornire risposte rassicuranti, il più possibile realistiche. Il rientro in reparto, la dimissione ed i controlli periodici ambulatoriali, rappresentano i segnali tangibili del ritorno alla vita normale, della possibilità di veder realizzate numerose aspettative anche se, apprensione ed ansietà per un possibile rigetto saranno le preoccupazioni più frequenti. Nel post-trapianto, questioni relative all'immagine di sé, pensieri rispetto al donatore, l'ansia di reinserirsi nella vita sociale, familiare e lavorativa, associate al regime terapeutico del follow-up, che nei primi periodi è piuttosto rigido, possono causare , nei soggetti più deboli, reazioni emotive che interferiscono con l'andamento clinico e con la qualità di vita.

Gli strumenti che lo psicologo utilizza nelle fasi dell’iter del trapianto sono i colloqui clinici e le valutazioni psicodiagnostiche, al fine di ottenere un quadro chiaro della struttura e organizzazione della personalità e del funzionamento sia cognitivo sia socio-relazionale potendo disporre di una ampissima gamma di questionari e test psicometrici validati e maggiormente utilizzati in ambito trapiantologico (MMPI-2, SCL90R, MCMI-III, SIPAT, BDI, test di Rorschach, test grafico-proiettivi, WAIS4, R-Bans, MOCA, Riserva cognitiva....). Nel contesto clinico di valutazione sono inseriti anche i familiari al fine di ottenere una visione sistemica volta a conoscere la rete di supporto di cui il paziente gode. Naturalmente è fondamentale la rete con il territorio e i servizi di salute mentale di residenza per tutti quei casi che devono essere seguiti con maggiore incisività. I pazienti, infatti, vengono seguiti dall'inserimento nella lista di attesa fino alla fase del follow-up post-trapianto e questa garanzia di continuità dell'aiuto psicologico contribuisce alla buona riuscita del trapianto, ad una migliore compliance ed adattamento e, globalmente, al miglioramento della qualità di vita del paziente. I vissuti che emergono durante questi tre step, anche se molto intensi, non devono essere immediatamente interpretati come manifestazioni psicopatologiche, piuttosto come reazioni emotive e psicologiche possibili di pazienti che, attraverso di esse, esprimono il disagio e la sofferenza personale dovuta al fatto di dover affrontare un'esperienza incerta, intensamente stressante e gravida di conseguenze. Solo in alcuni casi tali tensioni possono diventare anche patologiche. Per tali motivi è fondamentale procedere con un’analisi e uno screening ambulatoriale dei pazienti che accedono alla lista d’attesa, al fine di riuscire meglio a ipotizzare come impatterà il trapianto ed eventuali esiti nel post intervento.

Da un punto di vista territoriale, lo psicologo collabora con le azioni e i programmi di sensibilizzazione da parte del CRT sulla donazione degli organi rivolti alla cittadinanza generale e agli studenti. Allo stesso modo risponde ai programmi più ampi ad opera del Centro Nazionale Trapianti.

Da un punto di vista di ricerca, lo psicologo collabora con la UOC Chirurgia dei Trapianti a direzione universitaria, al fine di incrementare gli studi di confine fra psicologia dei trapianti e chirurgia.

Per tutte queste ragioni, l'assistenza psicologica specialistica, in tutte le fasi del trapianto, è una realtà importante nella rete trapiantologica sia in Italia che all’estero.

RIFERIMENTI

Servizio di Psicologia-Dott.ssa Diana Lupi
c/o Centro Regionale Trapianti Regione Abruzzo Regione Molise- PO S. Salvatore
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