Narciso tra specchi e caleidoscopi
PRESENTAZIONE DEL LIBRO: “Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo” di Vittorio Lingiardi.
Da quando la parola “narcisismo” è entrata nel linguaggio comune – come accade “a tutte le parole magnetiche, che anche così sanciscono la loro pregnanza” (p.106 del testo) – è nata una certa confusione sul tema che contribuisce a dividere il mondo relazionale in vittime empatiche e carnefici narcisisti. Perciò mai come adesso si pone la necessità di “disambiguare” questo concetto.Cosa che devo dire Lingiardi fa egregiamente.
Il primo passo da compiere è quello che ci porta fuori da una visione convenzionale del narcisismo, che prevede una descrizione unica – di solito coincidente con il disturbo narcisistico di personalità – quando invece questo territorio dove “il piacere di piacersi e di piacere si trasforma in sofferenza” assomiglia più ad un “arcipelago di possibilità” (p.VII).
Come specifica l’autore, “Finché cercheremo di rinchiudere il narcisismo nella gabbia di una sola definizione non riusciremo a comprenderlo. Ci servono un caleidoscopio e la pazienza di fissarne i disegni cangianti.” (p.43).
L’arcipelago N che Lingiardi descrive è un luogo dove non tutto è come appare; paradossale e caratteristico è il modo in cui ciò che si mostra come grandioso e prepotente cela al suo interno sentimenti di nullità e impotenza e ciò che lamenta inadeguatezza e timore del giudizio è ugualmente ricoperto di velata onnipotenza, e mi viene in mente una (ormai famosa) poesia di Patrizia Cavalli, che lo esprime egregiamente:
Se posso perdonare, allora devo
(P.Cavalli, Vita meravigliosa, p.33)
riuscire a perdonare anche me stessa
e smetterla di starmi a giudicare
per come sono o come dovrei essere.
Qui non si tratta di consapevolezza
ma è la superbia che mi tiene stretta
in una stolta morsa che mi danna.
Eccomi infatti qui dannata a chiedermi
che cosa devo fare per essere perfetta
Persino “certe forme squisite di gentilezza nascono dal timore narcisistico di non essere apprezzati.” (p.XI).
L’arcipelago N è perciò un luogo di specchi e sfumature dove potenzialmente siamo tutti accolti, foss’anche solo per il fatto che “non tutto il narcisismo è patologico. C’è anche un salubre amore di sé, fatto di soddisfazione e capacità di cura, che certo non esclude qualche preoccupazione per come siamo e come ci vedono gli altri. È un ingrediente necessario alla conoscenza di noi stessi che ci consente di compiere, nel modo migliore possibile, il passo dall’io verso il tu.” (p. x)
Inoltre, scrive Lingiardi citando Mitchell, “Il narcisista è anche l’artista <<che trae dalle illusioni la sua ispirazione>>” (p.6).
Quindi quando parliamo di narcisismo stiamo in realtà riferendoci ad uno spettro di declinazioni, che hanno a che fare con il senso della propria importanza. In ogni caso quello del narcisismo è un tema scomodo, perché “ci costringe a fare i conti con domande a cui non vorremmo rispondere: valgo qualcosa? Quanto conta per me il giudizio degli altri? Ho bisogno di sentirmi importante? Sono molto invidioso? Uso gli altri per i miei scopi? Li disprezzo, li seduco, li temo? Il mio altruismo è al servizio dell’autostima?” (p. XIV). Lingiardi sottolinea che occorre partire sempre dal presupposto – anche nei casi più ostici – che “Dentro le corazze e le apnee narcisistiche c’è sempre qualcuno che ha bisogno di ascolto. Non sempre lo sa e non sempre sa raccontarsi” (p.112).
Il testo fa in primis una panoramica sul narcisismo chiamando in causa l’evoluzione psicoanalitica del termine e i miti a cui storicamente ci si è ispirati per una sua descrizione, primo fra tutti Narciso; la figura di Narciso viene osservata da molteplici angolature e descritto da molteplici voci, soprattutto letterarie, per rintracciarne le variazioni e le costanti che consentono di vedere dietro ai vari giochi di specchi l’essenza di questo umano tratto.
Nella seconda parte, dedicata alla clinica, Lingiardi raggruppa le sopracitate sfumature di carattere e di stili di narcisismo in categorie diagnostiche; queste distinzioni sono operate poeticamente attraverso casi clinici che sono casi cinematografici e letterari – il che ci mostra come non sia necessario abbandonare i tentativi diagnostici per dare spazio alla potenzialità dell’immaginazione, e ci ricorda come, in fondo, lo studio psicologico consiste in un continuo dialogo, sebbene a volte teso, tra particolare ed universale.
L’autore riesce a rimanere in equilibrio tra l’estrema fruibilità e lo sforzo di non banalizzare, uno sforzo a mio avviso sempre più necessario; come sostiene lo stesso Lingiardi il narcisismo “sociale”, in cui siamo immersi, dipende anche da mistificazioni politiche che tendono a ridurre le complessità (p.109) anziché aspirare a comprenderla, creando separazioni nette tra bene e male che sono alimento per le problematiche di personalità. Mi pare che la storia mostri chiaramente quanto dolore nasce dal fatto di separare il “bene” dal “male”.
Abbiamo perciò la responsabilità – come individui e come categoria – di mantenere una visione del mondo complessa. Lo psicologo dovrebbe aiutare a creare una lettura delle relazioni quanto più realistica possibile, e con ciò non intendo “oggettiva”, bensì una dinamica in cui ciascuno conosce le proprie responsabilità e riconosce i riflessi scintillanti del proprio valore.
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Titolo del libro: ARCIPELAGO N. Variazioni sul narcisismo.
Autore: Vittorio Lingiardi
Rivista: Giulio Einaudi Editore
Anno pubblicazione: 2021
articolo di Alice Bettini