Le giuste domande per esistere ed agire

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: “Corpi viventi. Pensare e agire contro la catastrofe” di Miguel Benasayag e Bastien Cany

In Italia è stato pubblicato nel 2022 il nuovo testo dello psicoanalista e filosofo Miguel Benasayag, già noto per numerosi altri saggi – tra cui “L'epoca delle passioni tristi” e “Funzionare o esistere?”.
Ogni epoca ha le sue idee di disastro, e così anche noi conosciamo bene le nostre minacce sanitarie o demografiche, ambientali ed economiche. Sappiamo bene, ad esempio – anche dati alla mano – che dal punto di vista ecologico stiamo attraversando anni che saranno decisivi per gestire una crisi delle risorse del pianeta; sappiamo quali sono i rischi e quali saranno le conseguenze se non interveniamo.
Sappiamo.

Eppure sembra che a questo sapere non seguano sempre (cioè ovunque e comunque) delle contromisure; cos’è che ci ostacola dal porre delle azioni che vadano nella direzione di scongiurare la catastrofe immaginata? La risposta degli autori è riassumibile nella seguente affermazione:
Dal momento che ormai sappiamo, poiché non possiamo più appellarci al pretesto dell’ignoranza per giustificare la nostra inazione, occorre ammettere che le informazioni sul disastro non arrivano abbastanza, non tanto alle coscienze quanto ai corpi.” (p.14-15 del testo)
Anche l’esperienza personale e professionale ci insegna che l’ “informazione” non è sufficiente per dire che si ha conoscenza. “Questa, infatti, implica sempre un corpo situato per il quale l’informazione acquista senso.” (p.16). Per darsi a una comprensione che consenta un cambiamento anche nella cosiddetta “pratica” ciò che semplicemente “sappiamo” deve incarnarsi, guadagnare il corpo con le sue passioni. Il “racconto della modernità”, al contrario, spinge il soggetto ad identificarsi solo con i (meccanici) fenomeni della coscienza e del “cogito” cartesiano, e per far ciò ad emanciparsi dal corpo (e così dai suoi limiti sostanziali).
Pertanto, dicono gli autori, “descrivere la catastrofe, enumerare i suoi elementi o speculare sul suo divenire non vuol dire ‘vedere’ nel senso di quell’esperienza che coinvolge e modifica i nostri corpi tanto da consentirci di agire.” (p.13)
Anche di norma, noi “non agiamo davanti alle situazioni. E’ al contrario lo sforzo costante finalizzato a essere, in quanto movimento di autoaffermazione della vita, che fa emergere situazioni a partire da cui noi possiamo eventualmente agire.” (p.19). Il ritorno al corpo e alla sua “potenza”, come la chiamano gli autori, passa perciò attraverso il ripensare il soggetto stesso, rendendolo consapevole del fatto che non è il mondo a disfarsi modernamente nella catastrofe, ma egli stesso – non più persona ma profilo, individuo sempre più libero di non-appartenere al mondo (p.29).
Ritrovare l’agire dei corpi implica quindi uscire da quella normalizzazione che ci riduce sempre più a profili deterritorializzati e manipolati: rinunciare al desiderio di essere “normali” e osare un passo verso una certa follia, quella di cui Erasmo fece un tempo l’elogio, per entrare in sintonia con una certa follia del mondo.” (p.14)
Richiede di resistere alle promesse di una vita “artefatta”, sgravata sì dall’angoscia esistenziale ma orientata al mero funzionamento, separato dall’esistere, o dell’ “essere” per dirla alla maniera di Erich Fromm.
Nella dialettica ‘funzionare o esistere’, non bisogna ignorare il fatto che il funzionamento costituisce una dimensione importante dell’esistenza. Sfortunatamente, però nel suo brutale semplicismo, la nostra epoca tende ormai a opporre i due termini: o si funziona bene in accordo con un desiderio disciplinato, facendo tabula rasa delle nostre affinità, o, nelle velleità di esistenza, si disfunziona.” (p.15)
Mostrando questo dualismo (ovviamente semplicistico) da cui siamo governati, gli autori ci tengono a sottolineare che benché nessuno dei due modi di vivere sia in assoluto il migliore, il funzionamento oggi dominante, improntando la nostra vita sulla ricerca di una “positività” e felicità assoluta che elimina la sofferenza e il limite, “contrasta quei livelli di esistenza da cui (…) l’uomo attinge la sua forza di contestazione e la sua creatività” (p.19).
Il testo vuole riportare siffatto individuo verso il mondo delle cose viventi.
Complice un’ottica fenomenologica ed esistenziale, davanti all’idea della catastrofe e della necessità di fare qualcosa per scongiurarla gli autori non si chiedono dunque “come agire?”, ma piuttosto “chi agisce?” e “cos’è che agisce?”; non tanto “che fare?” ma “Di cosa siamo fatti?” (p.20) nella speranza che il soggetto torni a sentire nel corpo la coscienza delle sue azioni.

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SCHEDA LIBRO

Le giuste domande per esistere ed agire

Titolo del libro: Giustizia e Bellezza.

Autore: Miguel Benasayag, Bastien Cany

Casa Editrice: Feltrinelli

Anno pubblicazione: 2022

articolo di Alice Bettini


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