La violenza di genere: l’approccio culturale e politico
Dott.ssa Alessia Salvemme - GdL Pari Oppurtunità
La violenza di genere è una violazione dei diritti umani fondamentali compiuta ai danni di persone in base alla loro appartenenza di genere, cioè in base alle caratteristiche sociali assegnate a uomini e donne su base culturale, religiosa, etnica, sociale. Mentre il sesso è determinato biologicamente, queste caratteristiche sociali variano in ogni società e si modificano nel tempo strutturando relazioni di potere tra le persone. Non si tratta quindi di caratteristiche innate ma si apprendono con la socializzazione.
Le forme di violenza di genere
La violenza di genere comprende una violenza fisica e sessuale, ma anche forme di violenza psicologica o istituzionale che perpetrano stereotipi di genere, limitando l’autodeterminazione e lo sviluppo della persona. Una delle forme più diffuse di violenza di genere è quello a carico di ragazze e donne ed è questo l’oggetto dell’articolo.Il maschilismo
La violenza maschile sulle donne è un fenomeno culturale che deriva da secoli di maschilismo che hanno influito nella costruzione dell’identità del genere maschile e di quello femminile. Il maschilismo è una visione del mondo in cui l’uomo viene ritenuto superiore alla donna e conduce a pratiche quotidiane violente, repressive, offensive ma anche semplicemente paternalistiche. Partendo da una innata differenza biologica, la minore forza fisica femminile e dalle sue conseguenze storiche, il maschilismo stabilisce una gerarchia tra uomini e donne, in cui le donne sono considerate naturalmente inferiori anche sul piano intellettuale e politico.Il femminismo
A questa visione che ci accompagna da sempre si contrappone il femminismo che indica l’aspirazione ad un mondo in cui vengono riconosciuti gli stessi diritti a tutte le persone e, quindi, la parità di genere senza ostacoli e pregiudizi. Così come è definito, capiamo bene come femministe e femministi dovremmo esserlo tutte e tutti: il femminismo non è per le donne ma è per tutte le persone che credono nella parità. Allo stesso modo non dobbiamo cedere alla tentazione di pensare che il maschilismo sia un problema dei maschi: tutte e tutti noi siamo cresciute e cresciuti in un mondo profondamente maschilista e ne portiamo le tracce nel nostro modo di pensare e agire.Un approccio politico, culturale e clinico.
L’approccio alla violenza di genere deve essere politico, culturale e clinico ed è auspicabile che le persone che se ne occupano nei diversi ambiti collaborino tra loro.Da un punto di vista politico/culturale l’uomo che agisce violenza su una donna deve essere ritenuto sempre colpevole. Da un punto di vista clinico è bene che entrambi, vittima e aggressore, facciano separatamente un percorso psicoterapeutico perché la violenza agita e subita incide profondamente sulla psiche. Spesso, però, questi due ambiti sono stati confusi e per questo sentiamo molte persone dire che “per esserci un uomo maltrattante ci deve essere una donna che si fa maltrattare”. Si cade così nell’errore di mettere le due persone, vittima e aggressore, sullo stesso piano e ci si dimentica che il maltrattante compie un reato e quindi va punito dalla Legge. Un reato che spesso deriva dal fatto che la donna si rifiuta di comportarsi secondo le aspettative che l’uomo ha di quella donna. Ricordiamo a tal riguardo che la parola femminicidio non indica il sesso della persona morta ma il motivo per cui è stata uccisa. Una donna uccisa durante una rapina non è un femminicidio. Sono femminicidi le donne uccise perché si sono rifiutate di comportarsi secondo le aspettative che gli uomini hanno delle donne.
L’impegno della società
È quindi necessario che la comunità intera si faccia portatrice di una cultura femminista caratterizzata dalla parità di genere e dal rispetto per le differenze attraverso alcuni strumenti: azioni politiche per rimuovere gli ostacoli all’autodeterminazione della donna, soluzioni concrete contro il divario di genere e il divario salariale tra uomini e donne, diffusione di una cultura paritaria all’interno delle famiglie e delle istituzioni, l’organizzazione di corsi di educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole basati sul rispetto e sulla libertà, la diffusione del linguaggio di genere, la scelta di una pubblicità che sia rispettosa del corpo delle donne.Iniziamo da noi donne
Qualcuno considera il femminismo un vezzo, il linguaggio di genere un capriccio. Quante magistrate, notaie, mediche, avvocate, architette, ingegnere vogliono essere nominate al maschile? Tante con la motivazione che quando si parla di ruoli ci si riferisce alla funzione e non al genere. Peccato che siano le funzioni connesse ad un maggiore potere ad essere declinate solo al maschile. La realtà, invece, è che anche noi donne siamo immerse profondamente in questa cultura maschilista per cui se veniamo nominate al maschile ci sentiamo più autorevoli. Sovvertire il modo maschilista di concepire le relazioni e i rapporti di potere è un percorso individuale e sociale molto complesso, ma ognuna di noi può iniziare facendo il primo passo, quello più difficile: ammettere a noi stesse che non ne siamo immuni.Gli uomini perbene
Quante volte sentiamo dire “non tutti gli uomini…” da ragazzi che si sentono chiamati in causa ogniqualvolta si affronta un discorso sugli uomini maltrattanti. Il ruolo degli uomini non violenti è fondamentale in questo processo culturale ma è anche bene sapere che ripetere “non tutti gli uomini…” non apporta nulla alla causa che si pensa di supportare. Cosa può fare un uomo perbene? È importante che gli uomini non violenti prendano la parola contro ogni forma di violenza di genere e, nel farlo, tengano in mente quali sono i luoghi di parola. È fondamentale che donne e uomini cooperino per creare delle relazioni alla pari e, per fare questo, ognuno e ognuna ha degli strumenti che può mettere in atto: prendere sempre posizione contro la violenza di genere in ogni conversazione in cui si può fare la differenza, chiedersi se si è in qualche modo contribuito anche indirettamente ( alimentando una certa cultura) al problema, cercare di capire cosa personalmente si può fare per riparare al problema, portare avanti relazioni paritarie in famiglia, sul lavoro, nei contesti sociali.Bibliografia
“Maltrattamento e violenza sulle donne” Elvira Reale ed Franco Angeli
“Libere di scegliere” Cooperativa Sociale Cerchi d’Acqua O.N.L.U.S. ed Franco Angeli
“Sulla liberazione della donna” Simone de Beauvoir
“Secondo sesso” Simone de Beauvoir
“La bella e la bestia. Il significato della violenza relazionale” Monica Micheli e Ester Di Rienzo
“Sottomesse. La violenza sulle donne nella coppia” Marie France Hirigoyen
“Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile” a cura di Piccone, Stella, Saraceno ed. Il Mulino
“Violenza sessuale e di genere” a cura di Francesca Asta AIDOS FPFE Womens Right Foundation