MINORANZE: Contrasto alle Discriminazioni e Pari Opportunità
Tavolo tecnico pari opportunità
Redatto da: Dott. Fabio Gardelli
Le “minoranze” sono definite nella lingua italiana come un gruppo di persone distinguibili, in contrapposizione alla maggioranza, sulla base di alcune caratteristiche: etnia, lingua, classe sociale, religione, orientamento sessuale, identità di genere etc. Chiaramente l’elenco non è esaustivo dato che le caratteristiche a cui si fa riferimento sono arbitrarie e in continua emersione e mutamento.
Ogni persona si differenzia dall’altra, sulla base di caratteristiche uniche e inimitabili, da un punto di vista teorico ognuno di noi è una minoranza: un individuo unico.
Minoranze vs Maggioranze
Occorre comprendere che ogni gruppo minoritario si contrappone ad uno maggioritario ritenuto la norma o il prototipo. I gruppi maggioritari sono rappresentati esclusivamente da un ordine statistico differente rispetto a quelli minoritari, cioè da un maggior numero di individui aventi determinate caratteristiche.
Di seguito pongo un elenco, di certo non esaustivo, delle più note forme di discriminazione verso classi specifiche di persone, definibili sulla base di divergenze rispetto ad una norma di maggioranza:
- Abilismo;
- Razzismo;
- Classismo;
- Maschilismo;
- Omolesbobitransfobia;
- Discriminazione linguistica;
- Ageismo.
Ognuno di questi termini fa riferimento ad una “devianza” rispetto ad una norma di maggioranza: come se esistesse un criterio che definisce una norma da cui la minoranza devia attraverso altre caratteristiche differenti. In sostanza le discriminazioni sono tutte “xenofobe”, cioè, hanno in sé una paura del diverso, una diffidenza verso caratteristiche percepite come diverse rispetto a quelle della nostra comunità di appartenenza.
Un esempio fra i più noti in questo periodo storico riguarda il tema dell’orientamento sessuale: la “norma” sociale identifica l’eterosessualità come fosse uno standard e l’omosessualità come la deviazione da tale norma. L’eterosessismo rappresenta un bias cognitivo, un atteggiamento comune per il quale tutti gli esseri viventi, sia umani che animali, debbano obbligatoriamente essere eterosessuali per natura o che l’attrazione verso il sesso opposto sia l’unica forma di sessualità normativa, e di conseguenza superiore rispetto a qualunque altra forma di attrazione sessuale. In quest’ultimo caso specifico l’eterosessismo diventa eteronormatività. L’omofobia invece, in questo esempio, è il termine che identifica l’azione di discriminazione verso tale presunta deviazione dalla norma sociale. Questo esempio inerente alle minoranze su base di orientamento sessuale è chiaramente applicabile ad ogni minoranza, dato che le dinamiche sottese e le conseguenze per il bersaglio di discriminazione sono le medesime.
Come si identifica ciò che è “normale” rispetto a ciò che non lo è?
I comportamenti discriminatori nei confronti di minoranze partono dal presupposto, di chi li compie, che esista un criterio normativo a sé stante: una normalità rispetto a determinati gruppi di individui. Il centro della questione rispetto alle minoranze e alle discriminazioni è che da un punto di vista razionale non esiste un criterio che definisca la normalità in quanto assunto assoluto, cioè la normalità per definizione è ciò che è maggiormente consueto (numericamente e statisticamente maggiore). Ognuno di noi definisce “normale” ciò che conosce, invece “anormale” ciò che non conosce e di cui non riesce facilmente a prevedere l’agire: “l’alieno” per definizione dizionariale è l’anormale per eccellenza.
Esiste un antidoto, una cura, alle discriminazioni?
Il migliore antidoto alle discriminazioni è quello di considerare naturale ogni tipo di comportamento e ogni modalità di esistenza attraverso lo sviluppo e accrescimento culturale ed etico. L’utilizzo del termine naturale permette di evitare un giudizio di valore, a prescindere, verso qualunque comportamento o caratteristica.
Gli individui hanno comportamenti specifici, caratteristiche uniche e modi di vivere a sé stanti. La domanda da porsi è se quel modo di vivere, quel comportamento che reputiamo “alieno” rispetto al nostro punto di vista, ci danneggia o meno in qualche modo; se la risposta è negativa non ha senso arrivare a conclusioni, bensì, evidentemente, informarsi nel caso in cui si abbia curiosità in merito. Considerare un elemento “normale” o “anormale” non aggiunge informazioni utili, né significati. Il lessico relativo a criteri normativi usato come giudizio di valore è una modalità che spesso deforma la realtà diffondendo pregiudizi acritici.
Ogni individuo abita la propria cultura, la propria fede, ha il suo modo di vivere la quotidianità ed è vissuto in un sistema educativo specifico. La cornice culturale di riferimento spesso limita il punto di vista alimentando pregiudizi e stereotipi sociali. Una domanda da porre a noi stessi può talvolta evitare alcuni errori di giudizio: siamo sicuri di avere sufficienti informazioni per reputare quel comportamento o modo di vivere sbagliato o innaturale/amorale?
Nella storia vi sono infiniti esempi di visioni minoritarie e visioni maggioritarie. Spesso, nel tempo, tali visioni sono state sovvertite: laddove prima alcuni comportamenti o caratteristiche erano considerati devianti, successivamente gli stessi sono stati considerati la norma.
In qualunque momento della nostra esistenza potremmo assistere ad un sovvertimento del rapporto minoranza/maggioranza e al tempo stesso ad un capovolgimento rispetto al bersaglio della discriminazione.
Questa riflessione vuole sottolineare l’importanza di avere una società nella quale le pari opportunità siano sempre rispettate: non solo per difendere i più “deboli”, non solo per visioni ingentilite della società, bensì anche per interesse dell’individuo stesso che voglia tutelarsi dall’eventualità di essere bersaglio di discriminazioni soltanto per essere una minoranza. È importante che ogni individuo affianchi ad una visione collettivista nel rispetto di chi ha minori opportunità una visione prospettica rispetto a sé stessi: l’integrazione prospettica fra queste due visioni apparentemente opposte è il cardine delle pari opportunità su cui si fonda la costituzione. Ogni persona in ogni momento della vita può essere identificata come minoranza ed essere soggetta a discriminazioni di qualunque tipo: una persona abbiente può perdere la sua fortuna, una persona in salute può ammalarsi, un trasferimento abitativo può farci diventare un’etnia di minoranza. Gli esempi per i quali una persona da gruppo di maggioranza può entrare a far parte di un gruppo minoritario ed essere soggetta a discriminazioni possono essere infiniti, dato che gli esseri viventi per definizione non sono macchine create in modo identico l’una all’altra. L’opera di integrazione delle minoranze non può prescindere da un dialogo con le maggioranze. Il conseguente impegno che deriva dal dialogo fra maggioranze e minoranze per essere efficace non può che essere il risultato di una comprensione chiara e di un’evoluzione della comunità tutta.
A questo punto della trattazione, il concetto di normalità come norma a cui attenersi decade, dato che si tratta di un concetto in continuo cambiamento. Vi sono degli elementi che più di altri influenzano tale concetto e conoscerli permette con maggiore semplicità di evitare la trappola degli stereotipi. Ciò che viene considerato “normale”, dal punto di vista culturale, ha un suo sviluppo osservabile su almeno tre dimensioni:
- Temporale, determinata dallo “zeitgeist” di ogni epoca storica. In ogni epoca, cioè, viene declinato un differente concetto di normalità: questo è determinato dal mutevole cambiamento di usi, costumi e leggi; in sostanza, dal cambiamento culturale;
- Spaziale, in base alle culture e microculture dei vari popoli che abitano la terra ed inoltre agli usi e costumi di gruppi più piccoli;
- Soggettiva, cioè che dipende anche dal punto di vista del soggetto osservatore, dall’equazione personale di ognuno di noi. Ogni persona è portatrice di valori, credenze e pensieri su concetti astratti e su criteri di normalità, cioè su ciò che per la persona è maggiormente rappresentativo.
Il concetto di normalità emerge come una caratteristica soggetta a cambiamenti continui e dipendente da molti fattori interni ed esterni: un parametro relativistico utilizzato spesso per dibattere in modo semplicistico e superficiale.
- Per quale motivo, se ognuno ha caratteristiche diverse, alcune persone sono categorizzate come minoranza e diventano bersagli di discriminazione?
Alcune caratteristiche della popolazione vengono ritenute di maggiore rilevanza sociale rispetto ad altre in base a criteri che spesso hanno un’origine storica o di necessità in un determinato ambiente sociale. Inoltre, la posizione divergente delle minoranze crea spesso incertezza e conflitto: il dubbio sollevato dalle minoranze apre un varco all’interno dell’uniformità di pensiero della maggioranza. Ogni gruppo della popolazione ha delle regole di funzionamento specifiche: valori, etica, e modi di vivere spesso utili al mantenimento e ad una prevedibilità sociale. Ogni individuo nel proprio piccolo vuole permanere nel suo stato, nella sua zona di “comfort” continuando a pensare nello stesso modo in cui ha fatto per tutta la sua vita. Anche solamente entrare a contatto con un modo di vivere alternativo, che nulla toglie all’individuo stesso, può creare una perturbazione tale che si voglia eliminare tale percezione aberrante in tutti i modi possibili.
Se l’eliminazione della dissonanza cognitiva non passa attraverso una comprensione dell’altro diverso da sé, possono emergere manifestazioni aggressive e violente.
Per portare un esempio storico, la nascita delle religioni ne è una rappresentazione esemplare, le cui norme di comportamento, pur limitando la libertà individuale nel passato, permettevano una gestione sociale anche quando non esistevano forme sociali complesse come quelle governative. Chiaramente, come sappiamo, in epoca medioevale chi divergesse rispetto alle norme imposte da alcune religioni veniva tacciato come eretico e, attraverso un giudizio basato su dogmi acritici, veniva giustiziato: “la caccia alle streghe”. La ragione per cui la divergenza doveva essere punita era rappresentata non solo dalla violazione delle norme, bensì anche dal fatto che permettere violazioni senza intervenire in modo diretto poteva mettere a rischio tutta la coerenza interna al funzionamento del sistema sociale. Oggi la divergenza, nella coniugazione di devianza, è espressa come un comportamento che si allontana da un sistema di regole specifiche: il sistema legale e la giurisprudenza ne studiano gli elementi e le metodologie dirimenti espresse spesso attraverso sistemi punitivi o detentivi.
Gli esempi sono numerosi, ma in ogni declinazione una minoranza è un gruppo di persone che devia rispetto ad un pensiero, norma, legge o cultura definibile come maggioritaria. Spesso tale pensiero o legge comune è utile a mantenere equità e pari opportunità come nel caso della Costituzione o del Diritto. Altre volte, quando mancano solide norme sociali di reciproca convivenza, vi sono norme implicite il cui alfabeto si basa su dogmatismi e pensieri del tutto spontaneistici che possono creare diseguaglianza e che spesso, per l’appunto, sono in contrasto con la legge che nasce come principio razionale piuttosto pregiudizievole.
Per quale motivo dover parlare di minoranze e costruire una legislazione utile alla tutela delle pari opportunità?
Scopo precipuo di questo articolo è quello di evidenziare come le minoranze hanno maggiori difficoltà fisiche, economiche e psicologiche rispetto a gruppi maggioritari e come tali difficoltà rappresentino un costo e un rischio della società nel suo complesso.
Già dai dati raccolti dagli istituiti nazionali come l’ISTAT o internazionali come UNHCR emergono delle differenze sostanziali fra gruppi minoritari e maggioritari rispetto ad alcune dimensioni prese in esame che sono rappresentative della qualità di vita di un individuo: occupabilità, qualità del lavoro, salario e stato di salute sono le principali. Tali disuguaglianze non sono dovute a particolari caratteristiche insite nei soggetti afferenti ad una minoranza, bensì sono considerate dalla comunità scientifica come differenze legate allo stigma a cui le minoranze stesse sono sottoposte. Lo stigma sociale pone i soggetti facenti parte di una minoranza oggetto di pregiudizio e sottoposti ad un trattamento e comportamenti discriminatori fino ad arrivare a comportamenti violenti (come nel caso estremo del genocidio avvenuto ad opera del nazismo verso minoranze etniche, religiose e di orientamento sessuale).
Le leggi in un paese democratico basato sull’equità di trattamento hanno lo scopo di individuare un problema sociale e legiferare al fine di sviluppare maggiore equità e pari opportunità.
Lo sviluppo di una cultura delle pari opportunità che tuteli le minoranze e contrasti le discriminazioni non rappresenta un atto magnanimo o una regalia verso gruppi di popolazioni svantaggiate, bensì un’azione volta a garanzia di un buon funzionamento societario e di tutela di ogni individualità a prescindere dalle differenze di appartenenza. Una cultura dell’integrazione piuttosto che della discriminazione tutela ogni individuo a prescindere dalle differenze di cui è portatore dato che l’appartenenza ad una minoranza è un dato statistico, fittizio rispetto ad un determinato periodo storico.
Ognuno di noi, ipoteticamente, potrebbe entrare a far parte di una minoranza: per questo motivo tutti in una certa forma o periodo storico facciamo parte di qualche minoranza ed ognuno di noi ha il diritto di essere tutelato anziché osteggiato acriticamente.
Lavorare sulle pari opportunità è occuparsi di sé stessi attraverso l’emersione di fenomeni sociali che possono aumentare la nostra visione del futuro: l’uguaglianza è anche una dimensione di utilità personale.
Bibliografia essenziale
- Francesco Erario, “Woke - la nascita di una nuova ideologia”, Idrovolante Edizioni, 2022;
- Irene Facheris, “Parità in Pillole – impara a combattere le piccole e grandi discriminazioni quotidiane”, Bur Rizzoli Edizioni, Milano, 2018;
- Palmonari, Cavazza, Rubini, “Psicologia Sociale”, Il Mulino, Bologna, 2002;
- Lorenzo Gasparrini, “Diventare Uomini. Relazioni maschili senza oppressioni”, Settenove edizioni, Cagli, 2021;
- Meyer, I. H., “Pregiudizio e stress sociale, salute mentale nelle popolazioni lesbiche gay bisessuali, questioni concettuali e prove di ricerca” Bollettino psicologico, 2003, 129-(5), 674- 697;
- West, R. & Turner, L., “La teoria della comunicazione analisi e applicazione“, Ed.McGRAWHILL, Madrid, 2005;
- Hatzenbuehler, ML, “In che modo lo stigma della minoranza sessuale entra sotto la pelle? Un quadro di mediazione psicologica”, Bollettino psicologico, 2009. 135, 707- 730.
Sitografia
- https://www.unhcr.org/it/in-difesa-delle-persone/minoranze/
- https://www.treccani.it/vocabolario/
- https://www.istat.it/it/archivio/284467
- https://web.archive.org/web/20141208080853/http://www.un.org/Overview/rights.htmlhttps://web.archive.org/web/20141208080853/http://www.un.org/Overview/rights.html
1 Devianza suggerisce l’allontanamento da una norma ritenuta tale dalla maggioranza. Il punto essenziale riguarda il criterio per cui caratteristiche o comportamenti siano reputati devianti e per questo automaticamente siano oggetto di “normalizzazione”.
2 È un’espressione mutuata dal tedesco atta ad indicare la tendenza culturale predominante in una determinata epoca.
3 La suddivisione temporale, spaziale e soggettiva è dell’autore del presente testo.