OMOLESBOBITRANSFOBIA: Contrasto alle Discriminazioni e Pari Opportunità

Tavolo tecnico pari opportunità
Redatto da: Dott. Fabio Gardelli - responsabile CO.ME.TE.

visto da vicino nessuno è normale
- Franco Basaglia

Omolesbobitransfobia è una parola composta che riunisce omofobia, bifobia, lesbofobia e transfobia, ossia l’avversione o paura verso persone binarie e non binarie di qualunque orientamento sessuale diverso da quello eterosessuale ed inoltre verso persone con identità di genere transgender.

Perché dover usare termini così complicati: binario, non binario, LGBTIQ+, transgender etc. non era più semplice senza inutili appesantimenti linguistici?

Emerge, soprattutto in alcune fasce di età, una critica verso le terminologie usate sul tema dell’identità sessuale. Le accuse spesso mettono in evidenza la complicazione creata da un nuovo vocabolario. In realtà l’uso di termini nuovi non ha lo scopo di complicare bensì quello di amplificare significati ed estendere la comprensione verso concetti. Rispetto a termini come transgender, identità binaria, pansessualità etc. il senso comune di frequente prende le distanze come se, a prescindere, i termini fossero destabilizzanti. Il significato di questi termini (culturalmente nuovi) richiama dei concetti, i quali sono sempre esistiti: il significante (la parola) non crea un nuovo significato bensì apre la conoscenza di elementi già presenti, ma in passato ignorati. In modo più semplice ogni nuova scoperta o punto di vista emergente, necessita di un termine appropriato. Le tematiche inerenti all’identità sessuale, rispetto alle conoscenze della cultura dominante sono relativamente nuove. Fino a poche decadi fa nella cultura dominante era presente solo una concettualizzazione superficiale rispetto a temi inerenti all’identità sessuale: spesso affiorava una posticcia concettualizzazione ideologica che semplicisticamente categorizzava come strano, malato o diverso tutto ciò che non era conforme alla norma percepita. I termini emergenti sono stati creati per aumentare la comprensione e per evitare semplificazioni, imprecisioni e generalizzazioni.

Molti termini e argomentazioni possono risultare nuovi e di difficile comprensione. Sarà qui si seguito espresso nuovamente il concetto introduttivo in modo più fruibile: 

l’omolesbobitransfobia è un atteggiamento ostile verso persone che manifestano orientamento sessuale e identità di genere dissimile rispetto a quella considerata maggiormente rappresentativa, cioè, individui con orientamento eterosessuale e identità cisgender (persone che si sentono a proprio agio con la propria identità di genere).

Si sottolinea che le caratteristiche connesse all’identità sessuale, quali sesso assegnato alla nascita, identità di genere, orientamento sessuale ed espressione di genere (come peraltro qualsiasi caratteristica insita nella persona), di per sé non comportano differenze che possano ostacolare la parità sociale. La precedente chiosa risulta necessaria come “antibiotico sociale” al fine di limitare ideologie che possano connotare caratteristiche connesse all’identità sessuale con altre caratteristiche che non la riguardano.  Dal punto di vista storico e culturale oggi, più che nel passato, è diffuso il termine omolesbobitransfobia a causa dell’emersione dei fenomeni a livello sociale e mediatico che hanno permesso coesione e organizzazione dei gruppi stessi per la tutela dei diritti e l’avvicendarsi di criticità relative al tema diseguaglianze. Le minoranze devono avere un “punto critico” oltre il quale possono avere un’influenza sulla cultura di maggioranza: vediamo molti esempi di questo nel passato come nei collettivi femministi o in America con i gruppi di persone di etnia africana. È fondamentale da un punto di vista psicologico, sociale e politico prestare molta attenzione a gruppi organizzati su tematiche legate ai diritti, dato che il solo fatto che si siano sviluppati movimenti è testimonianza di quanto sia rilevante la tematica. A prescindere dall’ideologia o dall’interesse personale di cui ognuno è portatore operare nei settori sociali non può prescindere la conoscenza di fenomeni così massivi e mediatici.

DISCRIMINAZIONI DI ORIENTAMENTO E IDENTITA’ DI GENERE

Ogni minoranza viene definita in base alla contrapposizione di caratteristiche presenti in un altro gruppo definibile come maggioranza. Nella dimensione dell’identità sessuale vi sono stereotipi e pregiudizi che definiscono tale dimensione in modo normativo, a partire da un prototipo, quello eterosessuale/cisgender: tutto ciò che diverge da questo criterio viene considerato atipico, deviante e spesso oggetto di discriminazione. L’identità sessuale “non normativa” è ostaggio di uno stigma sociale che riflette una concezione della stessa, rigida e non modificabile. Le persone che non rappresentano lo stereotipo eterosessuale o cisgender sono spesso bersaglio di discriminazioni. Le conseguenze del sentirsi bersaglio di discriminazione sono varie: da disagi a livello intrapersonale, interpersonali e spesso presentano un “gap” di occupazione lavorativa e salariale rispetto al resto della popolazione.

Se esiste un concetto di “non normalità” diffuso nella cultura esiste anche un presupposto specifico, uno stereotipo, anzi due: “Cisnormatività” e “Eteronormatività”. Questi due termini rispettivamente pongono in evidenza uno stereotipo, un pregiudizio sociale, cioè, che l’identità cisgender e l’orientamento eterosessuale siano “normali” mentre tutto quello che non rientra in queste categorie sia considerato “anormale”. Questi presupposti si verificano tipicamente quando un individuo cissessuale manifesta l’ipotesi comune, sebbene, errata, che il modo in cui egli sperimenta la propria identità debba necessariamente applicarsi a tutti gli altri individui del mondo. In altri termini, la persona cisgender, cis-normativa proietta indiscriminatamente la propria esperienza di identità di genere fuori da sé, trasformando il concetto di cissessualità in un attributo umano dato per scontato che, se assente, configura una anormalità.

Da dove nasce e come si diffonde lo stigma verso le persone non etero-cis-normative? 

Le discriminazioni e gli stereotipi in riferimento a gruppi di persone aventi caratteristiche specifiche hanno come nutrimento la “paura”. La paura del diverso da sé che può destabilizzare il proprio ordinamento di idee e valori fondamentali: la diversità inattesa ci lascia perturbati e ci pone di fronte ad un cambiamento di visione del mondo a cui siamo legati. Il cambiamento di visione e di valori è una perturbazione da parte di gruppi di minoranza. Dal punto di vista storico la perturbazione della visione dominante si è presentata in moltissime occasioni ed è stato il motore principale del cambiamento individuale, sociale e collettivo. 

In Italia e nel mondo, la perturbazione più nota è stata quella relativa al cambiamento dei ruoli maschile e femminile in seno alla lotta delle minoranze contro il cosiddetto patriarcato e il sessismo. Già dai primi movimenti femministi emergeva un ordine costituito conservatore, patriarcale e sessista contrapposto ad una visione egualitaria che intendeva promuovere l’accesso alle opportunità sociali, politiche ed economiche: non in base ad un genere, ma in base alle qualità personali. L’influenza minoritaria di gruppi femministi ad oggi è largamente più diffusa e ha portato cambiamenti a tutti i livelli nella nostra società, cambiamenti che ad oggi sono ancora in via di sviluppo. Pur essendo passato un secolo dalle lotte femministe, oggi son ancora presenti disuguaglianze di genere che si manifestano su più dimensioni: psicologiche, culturali, sociale ed economiche.

Le persone omosessuali e transgender sono state oggetto di discriminazioni soprattutto a causa di false credenze e pregiudizi. Dal punto di vista sociale, sono state spesso costruite narrazioni svalutative con lo scopo di destituire qualsiasi perturbazione morale e sociale percepita dall’ingresso della diversità apparente. 

Puntualmente negli anni si sono diffuse mediaticamente teorie dogmatiche, evidentemente costruite allo scopo di destituire il riconoscimento sociale e culturale di gruppi di persone aventi determinate caratteristiche. La storia dovrebbe insegnarci come evitare che i pregiudizi che hanno perpetrato opere grottesche di deumanizzazione come l’olocausto ad opera dei nazisti verso gli ebrei oppure dei conquistadores spagnoli verso le popolazioni degli indiani d’America. Purtroppo, è lampante che imparare dal passato non è così semplice, ancora oggi assistiamo a guerre in corso in tutto il mondo dove l’impegno propagandistico che sottende questi conflitti fomenta la deumanizzazione. Che si parli di individui, di gruppi o di nazioni i fenomeni sottostanti le dinamiche di discriminazione, stereotipi e pregiudizi sono i medesimi e hanno sempre lo stesso scopo: deumanizzare e incitare all’odio.

Le ideologie diffuse a livello culturale che diffondono pensieri discriminatori o vessatori sono contraddistinte dall’assenza di basi scientifiche, di riferimenti bibliografici validi e spesso sono trasmesse per via orale o attraverso pagine social, anche purtroppo ad opera di personaggi in vista. Sono emerse ideologie al solo scopo di creare diseguaglianza, alcune di queste riguardavano temi quali “non normalità”, “amoralità” ed è stata anche diffusa una cosiddetta “teoria gender”. 

Qui di seguito una sintesi su cosa sia la “teoria gender” o “ideologia gender” dato che questo sintagma non viene riportato in nessun testo scientifico né se ne trovano articoli negli studi di genere. È un’espressione che si è diffusa mediaticamente negli ultimi anni dopo il 2000 e viene verbalizzata da vari gruppi come se fosse una teoria validata e comprovata; in realtà risulta essere un’accozzaglia di idee senza alcuna base che spesso deformano notizie e fatti di cronaca o realtà: in termini informatici è un “troll”. Per vari anni si sono diffuse informazioni di dileggio, pregiudizio che attribuivano alle persone omosessuali e transgender atteggiamenti contro la società. L’espressione totalmente priva di fondamento è stata coniata all'inizio degli anni 2000 in alcuni testi redatti sotto l'egida del Pontificio Consiglio per la Famiglia con l’effetto di aver contribuito ad etichettare, deformare e delegittimare quanto prodotto nel campo degli studi di genere. Questa ideologia si è diffusa in modo virale restando assai nebulosa nel suo significato. In questi anni la sua diffusione è migrata dai testi vaticani per diventare parte di slogan anche di manifestanti (in Francia e in Italia, soprattutto) contro l'adozione di riforme giuridiche miranti alla riduzione delle discriminazioni subite dalle persone non-eterosessuali come in Italia il DDL ZAN. Queste idee sono chiaramente oggetto del dibattito pubblico e soprattutto politico; invece, dal punto di vista scientifico e accademico non hanno alcun seguito dato che non sono minimamente comprovate da nessun tipo di studio. 

L’omolesbobitransfobia si annovera fra le discriminazioni avente alla sua base un’ideologia patriarcale e sessista per la quale tutte le persone “NON” cis gender, “NON” eterosessuali e “NON” maschi presentano a livello di qualità personali qualcosa in meno. L’ideologia discriminatoria sull’inferiorità femminile viene estesa anche alle persone omosessuali e transgender, le quali vengono anche percepite a livello sociale un gradino più in basso delle donne. Il tentativo delle ideologie conservatrici, prive di fondamento scientifico, che promuovono in modo spesso subdolo e indiretto l’omolesbobitransofobia e ha come scopo quello di delegittimare le analisi e le ricerche che studiano forme di naturalizzazione delle norme sessuali e le rivendicazioni politiche portate dai movimenti femministi e lgbtq. Anche in questo caso da un punto di vista sociale abbiamo una forza di maggioranza, presumibilmente perturbata a livello psicologico, che prova in ogni modo possibile a mantenere lo “status quo” mentre le forze di minoranza cercano di creare cambiamenti innovativi dal punto di vista culturale. Tali fenomeni sono naturali e si sono ripetuti per millenni. Nell’epoca attuale ciò che è cambiato rispetto al passato è la diffusione esponenziale dettata da strumenti e mezzi di diffusione che minano la valutazione della correttezza informativa e facilitano la diffusione di pregiudizi infondati.

Quali sono le conseguenze dell’omolesbobitransfobia?

L’omolesbobitransfobia ha numerose conseguenze a carico dell’individuo bersaglio di discriminazione, annoveriamo conseguenze dirette e indirette. Fra quelle dirette si portano in evidenza le forme di violenza fisica, verbale e psicologica e quelle più subdole che marginalizzano, rendono difficile l’accesso a pari opportunità nel mondo del lavoro, dell’istruzione o l’accesso a cariche di qualunque tipo.

Vi sono altre conseguenze indirette, che coinvolgono i soggetti dal punto di vista psicologico e ne modificano il comportamento in ambito sociale. Per semplicità si citano due costrutti fra i più noti nel mondo clinico che pongono enfasi sull’impatto indiretto che la discriminazione sviluppa in molti soggetti. Allo stesso modo tali costrutti possono aiutare operatori nel mondo della psicologia e nel sociale dato che rappresentano i principali target di consulenza psicologica e di supporto:

Minority Stress: lo stress da minoranza è un concetto ampio applicabile a qualsiasi minoranza. Il M.S. si riferisce allo stress che subiscono gruppi minoritari. Il M.S. è uno stress cronico e persistente che porta i soggetti a sviluppare patologie di ordine psicologico e psicosomatico come disturbi dell’umore, bassa stima, sensibilità all’ansia sociale, isolamento etc.

Omolesbobitransfobia interiorizzata: è un concetto contiguo al precedente, ma più specifico e concerne il processo di interiorizzazione delle percezioni negative riguardanti il proprio gruppo di appartenenza e può portare gli individui a interiorizzare stereotipi, pregiudizi o atteggiamenti negativi su sé stessi, aumentando i livelli di stress e ansia. 

L’impatto psicologico e le conseguenze della discriminazione spesso portano gli individui appartenenti ai gruppi minoritari ad interiorizzare a tal punto pregiudizi sociali nei loro stessi confronti fino al punto di perpetuare la discriminazione verso ciò che sono: questo avviene soprattutto in quei casi in cui non vi sono sostegni psicologici e gruppi di pari in cui sentirsi riconosciuti. La sensazione di sentirsi sbagliati, malati o “uno scherzo della natura” è comune e avvallata spesso dal contesto di riferimento.

Nel caso delle persone transgender la discriminazione e i sentimenti di inadeguatezza possono portare molto spesso a tentativi di suicidio o comportamenti devianti. Fra tutte le minoranze le persone transgender sono quelle a cui porre maggiore attenzione sostenendole, tutelandole e inviando a colleghi con comprovata competenza data la delicatezza della situazione. Come minoranza quella transgender ha più rischi correlati per via di due fattori precipitanti: l’impossibilità di nascondere il proprio disagio dato che è rappresentato dal corpo che “indossano” quotidianamente e dal fatto, non di poca importanza, che spesso è l’unica minoranza che viene misconosciuta e spesso discriminata anche all’interno dello stesso nucleo familiare. Il sentimento di inadeguatezza, la percezione di sentirsi sbagliati e inferiori, oltre a facilitare lo svilupparsi di psicopatologie, vincola spesso i soggetti a comportamenti compensativi in ambito relazionale, come a coprire la “differenza” dettata dalle varie forme sociali di inferiorizzazione materiale e simbolica. 

Concludendo l’omolesbobitransfobia è un costrutto vario e ha effetti in molti ambiti e dimensioni. Le conseguenze sono molto spesso subdole e hanno i loro effetti nelle scelte dell’individuo, nella vita di coppia, nelle relazioni e soprattutto nell’autopercezione di sé.

Bibliografia essenziale
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  • Irene Facheris, 20128,“Parità in Pillole – impara a combattere le piccole e grandi discriminazioni quotidiane”, Bur Rizzoli Edizioni, Milano;
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  • E. A. Jannini, A. Lenzi, M. Maggi, 2014, “Sessuologia medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità”, Edra Masson, Milano;
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Sitografia

1 Rappresenta una rigida distinzione tra maschile e femminile, uomo e donna, da cui spesso deriva una altrettanto rigida aspettativa su quali debbano essere i comportamenti, gli atteggiamenti, l’aspetto, l’abbigliamento, i compiti delle donne e degli uomini e chi debbano amare o da cui essere attratti.
2 In inglese anche dette genderqueer e rappresentano quelle identità di genere che sono al di fuori del cosiddetto binarismo di genere, ovvero non strettamente o completamente maschili o femminili.
3 Persone la cui identità di genere non corrisponde al genere e/o al sesso che è stato determinato loro alla nascita.
4 Qui si sta parlando di tutte quelle persone non cisgender come ad esempio “gender non conforming”, non binarie o transgender.
5 sistema sociale nel quale gli uomini detengono in via primaria il potere e predominano in ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà privata ed esercita la sua autorità sulla donna e sui figli.
6 atteggiamento per cui uomini o donne tendono a giustificare, promuovere o difendere l’idea dell’inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile e la conseguente discriminazione femminile in tutti i campi.
7 nel gergo di Internet e in particolare delle comunità virtuali, è una persona che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi.


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